NELL’ “ARCO” DELLA STORIA

Di Silvia Eccher 

Il di lei esercizio, e studio principale deve esser l’arco in genere, cosiché ella se ne faccia padrona assoluta a qualunque uso o suonabile, o cantabile”.

Così inizia la lettera inviata nel 1760 da Giuseppe Tartini alla sua allieva Maddalena Lombardini Sirmen. Il celebre compositore evidenzia con queste parole l’importanza dell’arco per chi suona il violino; tre anni prima, nel 1757, aveva pubblicato “L’arte dell’arco”, una raccolta di variazioni virtuosistiche scritte su una gavotta di Arcangelo Corelli proprio a conferma della centralità dell’archetto nella musica per violino e per gli altri strumenti ad arco (per l’appunto ad arco).

Tale importanza però non è mai stata scontata, anzi; molto spesso, infatti, gli archetti non vengono presi in considerazione perché si tende a percepirli soltanto come accessori concentrandosi unicamente sullo strumento. Eppure non esiste violino senza arco e viceversa: violino e arco sono inscindibili e complementari.

L’archetto è costituito da una bacchetta di legno; tra le sue due estremità, la testa e il tallone, è fissato un fascio di crini di cavallo la cui tensione è regolata da un meccanismo a vite. L’arco è essenziale e serve ad articolare, a pronunciare e a caratterizzare il suono e a renderlo espressivo, modellandolo e plasmandolo nelle sue dinamiche e sfumature più sottili. Non a caso le mani del violinista hanno due funzioni diverse, ed è la destra, la mano che regge l’archetto, a produrre il suono mentre la mano sinistra, che si muove lungo il manico, determina l’altezza delle note. Di fatto la tecnica degli strumenti ad arco è dunque costituita dalla somma e dall’integrazione di due tecniche diverse che coincidono con l’uso differente che si fa delle mani.

La storia dell’archetto è la storia del suono ed è andata sempre di pari passo con l’arte liutaia anche se tendenzialmente la professione di archettaio è separata da quella di liutaio. Nel corso del tempo l’arco ha conosciuto una considerevole evoluzione nel senso di una sempre maggiore potenza di suono, maneggiabilità e resistenza: dall’arco corto e di forma molto convessa (da cui il suo nome) del Seicento a quello più lungo e più piatto del primo Settecento sino all’arco moderno definito alla fine del secolo da François Xavier Tourte con la forma leggermente concava, il peso meglio bilanciato e l’utilizzo del legno di pernambuco curvato a caldo. Il famoso virtuoso Giovanni Battista Viotti, che collaborò con Tourte pare dicesse: “Il violino è l’arco”.

L’arco che conosciamo oggi nasce su quel modello, che è diventato a tutti gli effetti uno standard proprio come lo Stradivari per i violini. Grazie alla maestria e all’opera di grandi archettai oggi entriamo in contatto con un mondo affascinante che ci ricorda che dietro a un buon musicista si nascondono un buon liutaio e un buon archettaio.

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